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ottoungerer1La storia dell'orsacchiotto Otto (da "Otto, autobiografia di un orsacchiotto" di T. Ungerer) è stata l'occasione per raccontare con garbo e delicatezza il periodo della Shoah, delle leggi razziali e della deportazione degli ebrei, tragici eventi che hanno fatto da sfondo ad una storia di amicizia tra due ragazzini.

 

L'attività ci ha anche permesso di parlare di Liliana Segre, deportata e sopravvissuta al campo di concentramento, e da qualche giorno nominata senatore a vita dal Presidente della Repubblica.

Attraverso un video, abbiamo ascoltato  i suoi ricordi di quando, da bambina, non ha più potuto frequentare la scuola perchè ebrea. 
I bambini hanno ascoltato con interesse, silenziosi e con occhietti sgranati davanti al breve video (solo qualche minuto).
Infine... un origami per "stemperare" la giornata ;)

ottoungerer2
ottoungerer3Otto

Sono nato in una piccola fabbrica della Germania e ancora oggi ricordo quanto pungevano gli aghi usati per cucirmi.
La prima cosa che vidi con i miei occhi di vetro fu una donna. Mi sollevò, disse: – Ma guardatelo, non è carino? Mi avvolse in una carta velina e mi chiuse in una scatola.
Un bel giorno sentii delle voci, poi un fruscio, un rumore di carta strappata, e all’improvviso ecco la luce!
Davanti a me apparve il viso meravigliato di un bambino. Più tardi venni a sapere che si chiamava Davide, e che io ero il suo regalo di compleanno. Davide e il suo migliore amico, Oscar, abitavano vicini. Furono loro due a chiamarmi Otto.
Eravamo inseparabili, e ogni giorno inventavamo nuovi giochi.
Una volta decidemmo che dovevo imparare a scrivere, ma le mie zampe maldestre non andavano d’accordo con inchiostro e pennino. Il risultato fu una macchia che non andò più via.
Finché arrivò il giorno in cui Davide dovette portare una stella gialla con la scritta «ebreo». Tutti dovevano vedere che lui era diverso. Pochi giorni dopo, uomini in uniforme e con cappotti di pelle salirono le scale a passi pesanti: venivano a prendere Davide e i suoi genitori.
– Otto, tu rimani qua con Oscar – disse Davide salutandomi tristemente.
Lo vedemmo salire su un furgone e lo portarono via insieme a tanta gente con la stella sul petto.
Adesso io e Oscar eravamo soli.
Un giorno anche il papà di Oscar dovette partire per la guerra. Poi cominciarono i bombardamenti aerei.
Un giorno ci fu un’esplosione più forte delle altre. Io volai in aria e svenni. Mi risvegliai su una montagna di macerie. Fui sollevato da terra. In quel preciso istante sentii uno sparo e un dolore acuto al petto. Anche il soldato che mi aveva raccolto era stato colpito, e due infermieri ci portarono all’ospedale. Il soldato si chiamava Charlie. Mi teneva sempre con sé e raccontava a tutti: – Vedete questo orsetto? Mi ha salvato la vita. Ha deviato la pallottola che doveva uccidermi!
Finita la guerra, Charlie tornò in America e mi regalò a sua figlia Jasmine. Durante una passeggiata caddi nelle mani di una banda di ragazzacci. Mezzo cieco, sciupato e pieno di strappi, finii in un bidone dell’immondizia. Mi trovò una vecchia signora che frugava nella spazzatura. Lei mi vendette a un rigattiere, che mi lavò, mi ricucì e mi sistemò in vetrina. Ma nessuno mi notava.
Una sera di molti anni dopo un anziano turista rimase a bocca aperta davanti alla vetrina.
Con gli occhi spalancati sussurrò emozionato: – Otto! – ed entrò di corsa nel negozio. Era Oscar. Raccontò al rigattiere come ci eravamo conosciuti e mi comprò. Nella camera d’albergo di Oscar, una sera squillò il telefono. Lo sentii dire: – Davide, non è possibile! Sì, sì, veniamo! E poco dopo eravamo tutti e tre insieme a festeggiare il nostro incontro.
Ora niente doveva più dividerci!
T. Ungerer, Otto