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Anno scol 2009-2010 -  Negri
IL PIANETA DEGLI ALBERI DI NATALE
DI G. RODARI

MUSICA-GENTE CHE SPERA intro


Kwaku - "Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire ad educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo... (G. Rodari)

Anisse - Se agli occhi smaliziati di un adulto la storia, che andremo a presentare, può sembrare, a tratti, semplicistica, va detto che il libro affrontava temi assolutamente rivoluzionari per l´epoca in cui è stato scritto, il 1962, ma che sono attuali ancora oggi, come l´idea che i bambini debbano prepararsi fin da piccoli diventare i governanti del mondo di domani, ma senza perdere la vivacità, la spontaneità e la capacità di essere amici di tutti.

Scena 1

ROSSINI- GUGLIELMO TELL

Saliou - Capitano, un uomo in cielo!
Xeraldo - Da che parte?
Saliou - Dalla parte della coda, signore. -
Xeraldo - Presto, datemi un trinocolo.

Un genitore - Ragazzino, cominciamo male. Un uomo in cielo? Tutto sbagliato: anche i bambini sanno che si dice « un uomo in mare ». In secondo luogo, la coda ce l’hanno gli asini, ma è difficile immaginare un capitano al comando di un asino. Infine, dovresti  avere la bontà di spiegarci che cos’è un «trinocolo». Forse un binocolo con la gobba?
Marcor - Signore, nei suoi panni non avrei tanta fretta di criticare a destra e a sinistra.
Un genitore - E dalla parte della coda,
Marcor - Il dialogo che state ascoltando avviene a bordo di un’astronave in volo negli spazi interplanetari. Nei dintorni, in quel momento, non ci sono mari né laghi, ma soltanto cielo, un cielo nerissimo da far male agli occhi. Dal dialogo s’indovina, anche senza sforzare troppo il cervello, che la sentinella ha avvistato un naufrago, alla luce dei fanali di coda: ma un naufrago, in queste circostanze, può essere soltanto e precisamente «un uomo in cielo». Le svelerò un altro segreto: l’astronave in questione, per motivi che verranno comunicati in seguito, ha la forma di un cavallo; qualcuno può trovare strano che un cavallo abbia la coda? Altri corpi celesti, per esempio le comete, ne hanno una: le code hanno dunque pieno diritto di cittadinanza negli spazi. E veniamo al « trinocolo ». Vuol sapere che cos’è? È un binocolo perfezionato, Con una terza canna che girando sopra la testa punta la sua lente in direzione posteriore e permette di vedere dietro la schiena, diciamo pure dalla parte della coda, senza fare la fatica di voltarsi. Un’invenzione, secondo me, utilissima. Allo stadio, per esempio, disponendo di un « trinocolo », lei con le lenti davanti potrebbe seguire attentamente la partita e intanto, con la lente di dietro, si godrebbe la vista dei tifosi della squadra che perde. Non le piacerebbe?
Un genitore -va be’ va be’ lasciamo perdere ho altro da fare
Marcor – Ok, peggio per lui. Chiudiamo la parentesi e torniamo da capo.

canto - UFO ROBOT cl2^


Vittorio (II capitano afferrò il trinocolo, osservò con interesse il naufrago che galleggiava nella scia luminosa dell’astronave) - Non è un uomo, è un bambino.
Xeraldo - Ecco,i bambini vogliono sempre stare vicino al finestrino: si capisce che poi ogni tanto ne cade qualcuno per aria.
Vittorio sorrise - Sta in groppa a un cavallo a dondolo. Missione compiuta. Ma non perdiamo tempo: sia messa in azione una calamita.
Il naufrago venne preso a bordo da Xeraldo

Mauro - Ahò! Vi avverto, se v'interessa saperlo, che non mi considero affatto vostro prigioniero.
Vittorio - Prigioniero? - ripeté il capitano, grattandosi la barba. – Non capisco.
Mauro - Se non capisce lei, si figuri cosa dovrei dire io. –
Vittorio - Per esempio, potresti dirci come ti chiami.
Mauro- Mi chiamo Marco Milani. E lei, scusi?
Vittorio - Hai messo il dito su una piaga aperta. Fino a una settimana fa mi chiamavo Paulus. Ma erano già quasi due anni che portavo quel nome e non me lo potevo piú sentire addosso, come una camicia sporca. Cosi me lo sono levato. Però non ho ancora trovato un nome che mi piaccia, e oggi come oggi non mi chiamo in nessun modo. Tu, che nome mi consiglieresti?
Mauro gli diede una sbirciata sospettosa.- Hm... Lei ha voglia di ridere. Il suo nome, immagino, sarà un segreto militare. Ma se lo tenga pure stretto: non brucio dalla voglia di saperlo. Piuttosto, è lei il capitano o no?
Vittorio - Fino alle nove sono io, Qui facciamo a turno.
Mauro - Allora siete tutti capitani.
Vittorio - Oh, siamo anche colonnelli, generali e caporali maggiori. Titoli e gradi non costano niente.
Mauro - Dove?
Vittorio - Sul nostro pianeta.
Mauro - Sicché avevo ragione di pensarlo: non siete dei terrestri.
Osserva con piú attenzione e  borbotta -...né antenne in cima alla testa, né corna sulla fronte,niente.  Due gambe e due braccia a testa, mani di cinque dita, naso e orecchie al posto giusto. Sono tutti in pigiama. Stanno per andare a letto? Mah, chi lo sa .
Mauro - E il vostro pianeta come si chiama?
Vittorio - Si chiama « il pianeta » e basta.
Mauro - Oh, oh! Ricominciamo coi segreti militari.
Vittorio - Niente affatto. Voi come chiamate il vostro? Terra, semplicemente. Solo ai pianeti degli altri affibbiate quei curiosi soprannomi: Marte, Mercurio, eccetera.
Mauro - E voi la Terra, come la chiamate?
Vittorio Il capitano sorrise:- Serena.
Mauro - Serena? Allora io sarei un sereniano, o forse un serenino o magari un serenello. Buona, questa! Quando la racconterò a Sacconago farò ridere anche luganaghitt appesi nel salumificio bustese.
Vittorio - Cos’è Sacconago? -
Mauro - niente. Segreto militare, - Serena... Ma lasciamo perdere: vorrei piuttosto sapere com'è che mi trovo qui.
Vittorio - Sei tu che dovresti raccontarcelo, Noi non abbiamo fatto che pescarti con una calamita mentre te ne andavi a spasso per la Via Lattea. Il tuo arrivo però, in un certo senso, era previsto. Infatti avevamo avuto l'ordine d'incrociare in questa zona e di raccogliere eventuali naufraghi. Per dare un ordine del genere, lassú dovevano sapere di certo che eri in viaggio.
Mauro - Per conto mio non mi sarei mai mosso da Sacconago. Fino a qualche minuto fa me ne stavo nella mia stanza, e non sapevo davvero che mi sarebbe toccato partire.
Vittorio - Quelli, lassú, la sanno lunga, caro mio: da qui a Sacconago e ritorno.
Mauro - Ritorno? Speriamo,  Comunque la mia storia è breve e perfino un po' stupida. Tutto è successo per colpa del mio compleanno. Ho dieci anni oggi, se v'interessa. Così, capirete che ci sono rimasto male quando mio nonno mi ha regalato un cavallo a dondolo. Per prima cosa ho pensato: «Sc lo sanno i miei amici, non potrò più farmi vedere in giro per il Sacconago». II nonno, tra l'altro, mi aveva quasi promesso un modello d'aeroplano col motore a scoppio. E invece ero io che dovevo scoppiare dalla rabbia.
Vittorio - Ma perché? I cavalli a dondolo sono bellissimi.
Mauro - Sì, per i bambini dell'asilo. Fatemi il piacere! Insomma, prendo questo affare, lo porto in camera da letto e non ci penso più per tutta la giornata. Questa sera, mi ero già spogliato e stavo per coricarmi, la rabbia mi è tornata. Lui se ne stava lì zitto zitto, mogio mogio, stupido stupido. Guardatelo, per piacere. Osservate che espressione balorda gli hanno dipinto sul muso. « Cosa ne farò? » pensavo. « Come liberarmene? » Intanto, distrattamente, gli monto in groppa. E adesso attenzione: non avevo finito d'infilare i piedi nelle staffe, che sentii un gran rombo nelle orecchie e vidi tutto nero. Mi mancava il respiro. Chiusi gli occhi... Quando li riapersi, stavamo volando fuori dalla finestra e i tetti di Sacconago scappavano sotto i miei piedi.

Vittorio - Benissimo, commentò allegramente il capitano ex Paulus.
Mauro - Benissimo un corno. Prima di tutto faceva freddo e io avevo indosso solo il pigiama. E poi, provate a farvi ubbidire da un cavallo a dondolo... Ma già, voi volate proprio con un cavallo spaziale... « Torna indietro », gridavo. «Torna subito a terra ». Macché. Luí aveva puntato il naso sulla Luna e tirava diritto, sempre con quell'espressione stupida di quando era uscito dal pacco: Non era niente di vivo in lui, e non c'è niente neanche adesso, guardatelo non un centimetro quadrato di pelle viva, non un peluzzo della criniera dipinta. Non ci misi mica molto a capire che non aveva un motore nella pancia, né un'elica sotto la coda. Volava, e basta. Come? Vallo a indovinare. E per volare, volava davvero: la Terra, la vostra «Serena», diventò presto, sotto di me, un piatto azzurrino. Un piattino da caffè. Poi, invece di vedermela sotto i piedi, me la vidi sopra la testa: prima mi pareva di salire, adesso di scendere anzi, di cascare nel vuoto, sempre più giú, sempre più in fretta. » diventò un puntino in mezzo a un milione di puntini. « Arrivederci,Sacconago. Eccomi fritto », pensavo. « Perduto nello spazio, senza neanche la possibilità di far sapere ai miei dove sono».
Vittorio - Ma lo spettacolo, eh? Lo spettacolo doveva essere mica male... - insinuò  il capitano.
Mauro - Ero troppo arrabbiato, per farci caso. Mettetevi nei miei panni; nel mio pigiama: rapito da un cavallo a dondolo. Rapito in cielo da un quadrupede di cartapesta. Tutti staranno buttando per aria mezza città per cercarmi.
Vittorio -Chi lo sa, Gli orologi di Sacconago se non sbagíio, in questo momento dovrebbero segnare le ventitre e quaranta.
I tuoi ti crederanno a letto, addormentato.
Mauro- Già. E domattina? Basta, non pensiamoci. Del resto ormai ho poco raccontare. A un certo punto ho visto davanti a me una specie di cavallone con un centinaio di finestre illuminate nella pancia e fanali abbaglianti ai quattro zoccoli. E voi mi avete pescato. Stop.
Vittorio risata.
Mauro - Ridi ridi! Basta che mi riportiate indietro
Vittorio - Noi?-esclamò il capitano. - Figliolo mio, ti sbagli davvero. Tra due ore al massimo sbarcherai sul nostro pianeta. Questi sono gli ordini.

Marco stava cercando le parole piú energiche per protestare, quando tutt'intorno un frastuono orrendo, come se centomila cani
arrabiati avessero cominciato nello stesso istante ad abbaiare.

balletto con maschera arcicani - THRILLER -  cl 5^

Scena 2
Xeraldo - Allarme di prima classe. Siamo circondati.
Vittorio Il capitano ex Paulus afferrò Marco per un braccio:  - Vieni nella mia cabina, presto.
-Meno male, che l'attacco è capitato prima delle nove, cosí me lo posso godere dalla cabina di comando. Di qui, si vede tutto. Siamo nella testa del cavallo. Guarda.
Immagini arcicani con ululati. Dalle profondità del cielo giungevano orde di mostri luminosi e, a ondate ululanti, s'avventavano sull'astronave.
Federico - Ma abbaiano! Sono cani, cani volanti. Accipicchia!

Vittorio - Sono Arcicani, - precisò Il capitano ex Paulus.
Fede - Astronavi come il vostro cavallo? Una flotta nemica?
Vittorio - No, no: sono proprio orribili bestiacce. Vedi quelle che sembrano ali? Sono le orecchie. Girano la coda come un'elica: è cosí che si sostengono nell'aria.
Fede - E abbaiano.
Vittorio - Già, senti che roba! Un attacco tremendo.
Fede - Attenzione.-
L'arcicane schiacciava il muso contro i vetri, digrignando le zanne come se volesse morderli.
Vittorio - Niente paura, è vetro infrangibile. E poi arcicane che abbaia non morde, lo sai anche tu. Non ci mangeranno. Ma sono fastidiosissími: potrebbero farci diventare sordi quanti siamo. Non c'è altra difesa che la fuga. Per fortuna le nostre astronavi sono molto piú veloci di loro.
Fede - Ma sarebbe più semplice ammazzarli, Cosí ve ne liberate una volta per sempre.
Vittorio Il capitano ex Paulus gli rivolse un'occhiata strana: - Ammazzarli? Non capisco.
Fede - Ucciderli, distruggerli, sterminarli, annientarli. Non ce l'avete il raggio mortale? E le pistole disintegratrici? Non avete proprio imparato niente dai fumetti?
Vittorio - Senti, - ti sarai accorto che noi comprendiamo e parliamo la tua lingua, grazie a questo interprete elettronico, - e gli mostrò una specie di bottone nascosto sotto il bavero del pigiama. - Ma si vede che l'apparecchio non funziona bene, o forse tu adoperi parole nuove, che non sono ancora state registrate. Fatto sta che non ti capisco proprio, « Ammazzare ». Che significa?
Fede - Marco scoppiò a ridere:- Scusi se rido, eh? Ma «ammazzare» è una delle prime parole del mondo, delle piú antiche

Alessia Narratore - L'ex Paulus non gli dava piú retta. Gridò qualche ordine in un microfono; toccò un pulsante, spostò una leva e in pochi secondi l'astro-nave acquistò velocità, sprofondò negli spazi neri, distanziando gli Arcicani con tutto il loro fracasso.
PINO DANIELE - PIANETA DELLE PAROLE

Scena 3

Vittorio - Sono le nove.  Arriva il capitano di ricambio. Ti saluto.
Caccia - Me l'hai fatta, - cominciò a lagnarsi. - Mi hai soffiato lo spettacolo.
Vittorio - Orario è orario, - fregandosi le mani. - Un'altra volta toccherà a te. Ragazzino( verso Fede), ti presento il capitano Petrus.

Immagine del pianeta degli alberi di Natale da lontano

Fede - Pare che ci stia cascando addosso ,
Caccia - tranquillo, non c’è niente da temere. Si stropicciava a sua volta allegramente le mani.
RUMORE AEREO

Caccia – Siamo atterrati a casa,  Questo è il Pianeta.
Luci  per il nuovo pianeta - immagine

Caccia – Bene, siamo atterrati sul nuovo pianeta
Fede - Al momento di uscire dal cavallo, - Cavoli, sono su un nuovo pianeta e pure in pigiama. Che vergogna! Però anche loro sono in pigiama. Si vede che qui si usa così
Avanza Matteo col pigiama giallo
Matteo - Marco! - Salute, Marco. Hai fatto un buon viaggio, spero.
Fede - Ma chi è questo qua? E come mi  conosce?
Matteo - Come dici? - gli domandò il ragazzino sorridendo.
Fede - Dico, quale buon viaggio, - borbotta. - Io non avevo nessuna intenzione d'andare in nessun posto. Sono stato portato qui contro la mia volontà, e protesto.
Caccia - Lo senti? - rise il capitano Petrus, battendo una manata sulle spalle del ragazzino.
Matteo - Salute, ex Paulus, - continuò il piccolo sconosciuto rivolgendosi all'altro capitano. - l'avete trovato il nuovo nome? Come vi debbo chiamare adesso?
Vittorio - Ah, non lo so proprio! Metterò dieci nomi in un cappello e tirerò a sorte. Il sereniano, qui, non ha voluto darmi un consiglio.
Fede - Scelga Arbitro Venduto, - disse sgarbatamente
Caccia - Bene, noi ce ne andiamo, - disse Petrus. - Ti consegno il naufrago sano e salvo: non gli manca un bottone.
Fede - Cosa? - protestò Marco. - Adesso mi scaricate. Mi fate venire fin dalla l'erra per mettermi nelle mani di un bamboccio dell'asilo?
Caccia - Non so cosa farci. Lo ubbidisco agli ordini. E se permetti, ti saluto caramente e sono il tuo affezionatíssimo...
Fede - Ma non mi lascerete cosí! Chi mi riporterà sulla Terra?
Caccia - Non ti preoccupare, - gridò ex Paulus, che già s'allontanava con gli altri. - Avrai una buona balia.

Filastrocca del pianeta degli alberi di Natale
canto - NOI NOI NOI  cl 3^

Scena 4

Luca - Come ti chiami? - gli domandò.
Bubbo - Marcus.
Luca - Guarda guarda!
Bubbo - In tuo onore, sai? Fino a ieri mi chiamavo Julius. Sono stato incaricato di riceverti e di farti compagnia. Sono contento che sia toccato a me. E sono contentissimo di fare la tua conoscenza.
Luca - E io, - sbottò, - sono cosí contento che ti spaccherei il muso. Roba da matti: ti fanno prigioniero, non si degnano di darti una spiegazione, ti lasciano con l'asilo infantile e buonanotte. Ma lo spacco davvero qualcosa, lo faccio un macello!
Bubbo  - Il viso di Marcus s'illuminò, come se avesse ricevuto proprio in quel momento una bella notizia.- So quello che ti ci vuole. Vieni con me.

Alessia Narratore - Marcus s'incamminò senza voltarsi, e Marco gli tenne dietro: stare o andare, per lui era ormai esattamente la stessa cosa. Percorsero la lunga pista, facendosi largo tra una folla di gente in pigiama e in pantofole. Avevano tutti l'aria di passeggiare sul terrazzo di casa per godersi il sole. La stazione era un edificio basso e lungo: era il primo che Marco vedeva sul nuovo pianeta, e chissà cosa s'aspettava di vedere. Si trattava invece di un fabbricato comunissimo, di mattoni e di vetro. Unica bizzarria, certi vasetti alle finestre, come quelli che noi sulla Terra teniamo per coltivarci gerani e altri fiori di cui non riusciamo mai a ricordare il nome: in quei vasetti, però, erano piantati tanti minuscoli alberi di Natale.

Luca - Ieri è stato il mio compleanno: dunque era il 23 ottobre, . - Possibile che quassú facciano i preparativi per Natale con tanto anticipo?  - Scusa, Ma che giorno è oggi?
Bubbo - E Natale, - rispose Marcus allegramente.
Luca - Che stupido,  dimenticavo che su questo pianeta il calendario della Terra non conta. Laggiú è il 24 ottobre, qui sarà il 25 dicembre.

Immagine Marcus si era accostato a quello che si sarebbe detto un deposito di piccoli cavalli a dondolo e invitò Marco a montarvi in groppa.
Bubbo – Guarda questi cavalli, provane uno...
Luca - Non facciamo altri scherzi, -
Bubbo - Ma cosa dici? Questi sono i nostri « robot », e servono per i trasporti pubblici.
Luca - Qualcosa come dei taxi, - Ma il tassinaro dov'è? Insomma, a chi si paga la . Corsa?
Bubbo - Marcus spalancò gli occhi - Ma cosa vuoi pagare? I « robot » sono di tutti. Chi ne ha bisogno se ne serve e basta.
Luca - Le botteghe sono aperte, - osservò.
Bubbo - Sono sempre aperte, - rispose Marcus.
Luca - Ma se è Natale!
Bubbo Marcus non gli rispose.
Luca - Questo pianeta mi fa una rabbia da non credere, cavalli a dondolo per taxi e botteghe aperte il giorno di Natale. Chi ci capisce qualcosa è bravo.
Luca - Marcus! - chiamò per fare una prova.
Bubbo - Dimmi.
Luca - Ieri, che giorno era?
Bubbo - Natale, - rispose Marcus senza esitare.
Luca « Ecco, - si disse Marco trionfando, - avevo indovinato. Le botteghe sono aperte, non può essere Natale: Natale è stato ieri. Ma facciamo pure un'altra prova».
Luca - Marcus, che giorno sarà domani?
Bubbo - Natale, Marco. Te l'ho già detto.
Un momento di silenzio.
Luca - Ma se Natale era ieri! ...
Bubbo - Ieri, oggi, domani, tutti i giorni. E Natale tutti i giorni, da noi.
Luca - Siii... - gridò Marco al colmo dell'esasperazione. - E io sono un tram, e mio nonno è un baco da seta... Qui non fate che prendermi in giro. Prima t'ho detto che avevo voglia di romperti il muso, ma forse lo farò davvero.
Bubbo - Ti ci sto portando, abbi solo un poco di pazienza.
Luca - Ma dove mi stai portando?
Bubbo - A fare un macello.

...Marco non seppe più cosa ribattere.. Sulla facciata dell’edificio c’era un cartello...
Cartello
GRAN BAZAR SPACCATUTTO
ENTRATA LIBERA A TUTTE LE ORE DEL GIORNO E DELLA NOTTE

Bubbo - Sei fortunato il palazzo è stato ricostruito 2 giorni fa e la gente ha appena ricominciato a romperlo. Se arrivavi tra una settimana trovavi solo i cocci.

Elena narratore - Erano giunti all’’ingresso di un grande palazzo costruito appositamente per essere distrutto.
Un edificio a più piani, zeppo di mobili, e i mobili zeppi di stoviglie e vasellame, e le stoviglie piú grosse colme di stoviglie piú piccoline. Tutto da sfasciare e da stritolare: piatti, bicchieri, tappeti, mobili, porte, finestre. Da demolire anche il tetto, le tegole e i muri, a cominciare dall'ultimo piano.

CANTO - DATEMI UN MARTELLO cl 1^

Carolina narratore- Tutti ricorrevano al Gran bazar Spaccatutto solo quando erano assaliti dal cattivo umore, dalla malinconia e dalla vo¬glia di litigare. Ai più arrabbiati ovviamente, erano riservate le parti piú ro¬buste: il tetto, i muri e, se volevano, anche le fondamenta. Per scar¬dinare le fondamenta faticavano peggio degli schiavi d'Egitto alla costruzione delle piramidi; ma alla fine, quando la stanchezza e il fia¬tone li costringevano ad abbandonare l'impresa, avevano ritrovato la loro allegria e, per un decennio almeno, non provavano il bisogno di litigare con nessuno, o di gettare un portacenere per terra durante una discussione familiare.

Marco P narratore -Fecero due passi per certe stradine secondarie, poco affollate ma ugualmente festose, con centinaia di alberi di Natale grandi e piccoli piantati perfino sui tetti. A Marco sembrava ormai di passeggiare tra i rami di un unico, immenso albero di Natale: urtava spesso col capo in un campanellino d'argento o in uno di quegli oggetti senza capo né coda che si trovavano solo sugli alberi di Natale; oggetti senza senso e senz'altro scopo che quello di mettere allegria in una casa.

Aless - Il Comune avrà speso un occhio per tutti questi addobbi,
Alex - Il Comune non ha speso un soldo. Del resto noi non abbiamo soldi. Questi alberi crescono da soli, crescono cosí. Guarda.
Aless - E fioriscono per Natale? - domandò.
Alex - Sono sempre fioriti. Ogni giorno è Natale, te l'ho già detto.
Aless - Ma allora, il vostro pianeta è proprio il pianeta degli alberi di Natale, - concluse Marco. Provo una certa invidia, a nome della sua vecchia Terra, dove alberi come quelli, a memoria d'uomo, non erano fioriti mai;
Aless « Da che parte sarà la Terra? Laggiú? Lassú? »
Aless - Siete ben fortunati,. - Non solo qui è sempre Natale, ma pare anche che sia sempre primavera.
Alex Marcus si chinò, raccolse della polvere sulla punta delle dita e invitò il suo compagno a odorarla. La polvere profumava di mughetto.
Alex – Senti il profumo...
Aless - Ma è cipria! - esclamò Marco.
Aless – E' un paese per bambole, questo! Tra poco mi sembrerà di camminare sui vetri e di aver paura di romperli . Quando sarò sul punto di commuovermi farò una visitina al gran bazar spaccatutto e mi sfogherò a fracassare qualche armadio.

Musica per l’arrivo degli arcicani -Who is it -Michael Jackson
breve balletto dei bambini

Cris - Attenzione attenzione! Una muta di arcicani abbaianti si dirige verso il nostro pianeta. Siete pregati di tapparvi le orecchie fino alla fine dell’allarme.
SIRENA
Samu – Ma se si tappano le orecchie come faranno a sentire la fine dell’allarme?
O forse il comune manderà in giro dei vigili a dare dei pizzicotti alla gente perchè si levi i tamponi?
Chris – Scusi lei ha qualcosa di meglio da proporre?
Samu - Ma perbacco,  possibile che non sappiate far stare zitte quelle bestiacce? Sono Arcicaní? E dategli degli arciossi: vedrete che, tempo dieci minuti, vi verranno a leccare la mano.
Tutti i presenti - « oohh » 
Chris -Ha detto: arciossi.
Chris - Ma certo! Come abbiamo fatto a non pensarci prima?
Chris Il robot afferrò Marco per un braccio.
Chris – Ha sentito ha detto arciossi
Samu - Io ho detto cosí per dire.
Chris - No no, per piacere, per favore: lei ha detto la parola che aspettavamo da tanto tempo.
Camilla con cell - Pronto?... Sottosezione numero 45 557,... Sospendete il lavoro: tra poco riceverete il disegno di un arciosso. Dovrete subito fabbricarne un milione di esemplari. Importante, precedenza assoluta.
Chris - A Marco/samu  fu messa in mano una matita. - Disegni un arcíosso.
Samu -...e chi è capace ....va bè’ ci provo ugualmente; mi metterò d’impegno per non far fare una brutta figura alla vecchia terra che voi chiamate Serena.
Scarabocchiò qualcosa, e lo mostrò senza tremare. Fu accolto con applausi ed esclamazioni ammirative.
Samu «Si contentano di poco, mi sarei  dato malato prima di portare a scuola un disegno così.

Gianluca Narratore  - L’attesa non durò a lungo. I primi Arcicani erano appena apparsi nel cielo della città, che già dalle fabbriche sotterranee giungeva il primo esemplare di arciosso. Marco fu portato in trionfo.

Cartello A MARCO IL SERENIANO, TRIONFATORE DEGLI ARCICANI PADRE DEGLI ARCIOSSI
Canto - MA CHE MUSICA MAESTRO cl 1^

Scena 5
IL GIORNO SEGUENTE
Dragos – Non sopportop più di non sapere nulla sul mistero del mio viaggio.... Devo assolutamente e al più presto trovare un modo per scoprirlo... Terrò gli occhi aperti.
Cammina intorno al palco e si trova davanti al palazzo del governo che non c’è.
Immagine - Urta una persona (Angelica)

Ange Fa' fa attenzione perbacco –irritata
Dragos -Scusi, mi scusi tanto
Ange - Figurati, - rispose la voce, subito rabbonita. - E dammi pure del tu.
Dragos - Ma io non la conosco.
Ange - Se è solo per questo, mi posso presentare. Sono il capo del gover¬no. Ma adesso sai che ti dico? Che me ne vado a casa.
Ange - Stavo recandomi a una seduta, - continuò la voce, - quando mi è venuto in mente un magnifico problema di matematica. E allora, se¬duta per seduta, mi sono seduto qui per risolverlo. Qui c'è tanta quie¬te! E cosí mi è passata la voglia d'andare alla riunione. Mi dispiace per i miei colleghi, ma dovranno eleggere un altro capo del governo. Mi considero dimissionario per ragioni matematiche.
E ridacchiando s'alzò, si scosse la polvere dal pigiama, diede un buffetto a Marco sulla guancia
Dragos - Scusi,  facendosi coraggio, - se lei è il capo del governo dev'essere al corrente della mia questione. Sono di Roma, sulla l'erra: anzi, scusi tanto, sul pianeta Serena. Vorrei sapere se...
Ange - Già, ora che mi ricordo, c'eri anche tu all'ordine del giorno. Ma non ti dare pensiero: si risolverà anche il tuo problema. Io ho il mio, abbi pazienza. Gran cosa la matematica...

E disparve.MUSICA


Entrano tutte le femmine per il consiglio dei ministri
Andrea g/Marco. - Marco si dispone ad ascoltare.

Betta - Non possiamo rimandare la riunione, Se il capo del governo non viene, nominiamone un altro.
Sarap - Ma sarà il quinto in un mese,  Cosí non si può andare avanti. I volontari per le cariche di governo diventano sempre meno numerosi.. Tutti i candidati dicono che hanno da fare; poi li trovate che si divertono a giocare a scacchi, a inventare macchine, quando non se ne vanno addirittura a sfasciare muri allo Spaccatutto.
Eleonora - Non per niente, siamo «Il-Governo-Che-Non-C'è » come dice la gente. Un governo è davvero inutile quando le cose vanno avanti da sole.
Kelin - Ci sono cose che esigono una decisione,
Martha - I cittadini hanno imparato a decidere su tutto, e decidono sempre in maniera meravigliosa.
Theod - D'accordo,  ma non possiamo mica far decidere in piazza la questione dei sereniani.
Sharon - E perché no? Anzi, perché non la decidi tu ,indicando betta ....- c noi ce ne andiamo per i fatti nostri? Anzi, anzi, e tre volte anzi: giacché ci siamo, perché non fai tu il capo del governo? Sei giovane, pieno di fantasia: farai certamente cose magnifiche.
Corse intorno al tavolo un vivace applauso.
Tutte - Approvato all'unanimità. - gridarono molte voci. –
Betta - Ma io...
Sara c - Niente « io »: sei stato eletto, arrangiati.
Betta - Va bene . Accetto. Ma a una condizione: che stasera stessa si discuta il caso di Marco. Ho perso tutta la notte scorsa e metà della giornata a tentare di organizzare una riunione del governo e, adesso che ci siete, discuterete. Tanto piú che il tempo stringe. Prima dell'alba il caso dev'essere deciso, in un senso o nell'altro.
Sara c - Perché tanta fretta?
Betta - Perché Marco ha lasciato Serena, secondo il calendario sereniano, la sera del 23 ottobre. Tra qualche ora laggiú sarà l'alba del 24 e sarà notata la scomparsa del ragazzo, a meno che non gli consentiamo di rincasare subito.
Ghiglioni - Marco provò un brivido d'angoscia. Nella sala vi fu un breve silenzio; poi qualcuno invitò Marcus a fare la sua relazione.
-Dai, decidete, voglio tornare a casa
Betta - Signori, voi sapete che i sereniani, negli ultimi tempi, hanno compiuto molti passi in avanti nell'astronautica. Si può ragionevolmente ritenere che entro pochi decenni, viaggiando per l'universo, essi tocchino terra sul nostro pianeta. In che stato d'animo sbarcheranno? Si presenteranno come amici disposti a stringere amicizia con noi, a rispettare la nostra libertà, o come Arcicani abbaianti, come conquistatori intenzionati a sottometterci e ad impadronirsi di quanto abbiamo creato per il nostro benessere? Sapete meglio di me che quando questa questione è stata dibattuta in seno al governo - io a quell'epoca ero ancora in fasce -, un po' per pigrizia, un po' per leggerezza, nessuna misura di precauzione è stata decisa. Avremmo potuto mandare un ambasciatore ai terrestri, e non se n'è fatto niente. Avremmo potuto metterci in comunicazione coi governi di laggíú, e il nostro « Governo-Che-Non-C'è » si è spaventato del loro numero. Per fortuna ci siamo mossi noi.
Sarac - Chi noi? - domandò una voce assonnata.
Sharon - Già, lei è diventato ministro solo ieri sera e non ne sa niente. Noi, voglio dire i ragazzi della scuola 2345, classe quinta, sezione H. Senza dir niente a nessuno abbiamo varato il nostro progetto. Allora «Il Governo-Che-Non-c'è» si è messo improvvisamente ad esistere e ha voluto prendere nelle mani le redini dell'affare. Avete voluto le redini? Tiratele.
Sarac - Ma quali redini? Quale affare? Benedetti tutti quanti, spiegatemi,
Bea - Quanto a questo,  l'idea è stata buona. I nostri baldi scolaretti hanno ragionato cosí: i sereniani arriveranno qui, vediamo, fra vent'anni. Dunque, quelli di loro che saranno a quell'epoca esploratori, astronauti, astronomi, fisici, generali, capi di Stato e compagnia bella, oggi come oggi sono ragazzini delle elementari, né più né meno di noi. Con chi dobbiamo dunque metterci d'accordo? Non con i governi che passano, ma con la quinta  di Tokio: la quinta  del Sacconago di busto arsizio , la quinta Il di Gallarate , eccetera eccetera. (Quei diavoli sono forti in geografia sereniana.) E siccome noi siamo stati, in passato, abbastanza ingenui da dotare le nostre scuole di laboratori di astronautica, serviti da robot elettronici di prim'ordine, eccetera, i nostri marmocchi hanno cominciato a produrre cavalli a dondolo spaziali in tutto simili a certi cavalli di cartapesta molto ricercati sulla Terra come giocattoli e doni di Natale.
Ghiglioni « Mica poi tanto...
Carolina - Questi cavalli, sono stati introdotti, di nascosto, da speciali missioni interplanetarie nelle botteghe di Serena. I ragazzi a cui capitano in dono, da un momento all'altro si trovano scaraventati sul nostro pianeta, dove diventano, almeno: spera, amici nostri. Quando la loro educazione spaziale è compiuta li rimandiamo sulla Terra. I nostri marmocchi della quinta H ritengono di gettare cosí le fondamenta della pace cosmica. Essi giurano che tra vent'anni il sistema darà i suoi frutti. Tra vent'anni, cioè ci ritroveremo qui i nostri visitatori di oggi, già preparati a quel che incontreranno; quel che piú conta, verranno da amici. Almeno •spera.
Martha - E questo po' po', - questo po' po'di piano d'educazione interplanetaria è stato attuato sul serio?
Kelin - Così pare, - Ogni tanto ci capita qui un sereniano; i nostri marmocchi gli si mettono alle costole, lo scarrozzano  in su e in giú, insomma lo erudiscono...
Theo - E poi lo lasciano andare?
Kelin - Già, proprio cosí.
Angelica - Un momento,  Lo lasciamo andare se siamo certi d'averne fatto un amico: altrimenti lo teniamo qui. Ma questo, veramente, non è ancora successo. E sapete quanti sereniani arrivano in un mese sul nostro pianeta? Almeno centomila.
Elena - Avete dato, uno spaventoso incremento al commercio dei cavalli a dondolo su Serena. E, come sapete, laggiú i cavalli a dondolo si pagano ancora.
Sarap- Ora la questione, è di sapere se pensiamo di poter lasciar partire Marco, o se dobbiamo trattenerlo come ostaggio. Non voglio prendere da solo una simile decisione...
Carolina - In ogni caso,  tu sei quello che lo conosce meglio. La prova degli Arcicani l'ha superata brillantemente.
Sara c - La prova di che cosa? È già la seconda volta che sento nominare questi Arcicani.
Theo - Beato lei che li ha sentiti solo nominare, Abbiamo sottoposto il nostro giovane visitatore a una piccola prova, per vedere se riusciva a dimenticare il verbo « uccidere ».
Sara c - Scusi, non ho capito.
Eleonora - S'intende che non può aver capito. «Uccidere» è una di quelle vecchie parole che conserviamo nel palazzo della Cancelleria, dopo che le cancelliamo dai vocabolari. «Uccidere», «odiare», «guerra», e simili che io non ricordo. Abbiamo messo in scena le incursioni degli Arcicani a uso del nostro raccomandato, e ha reagito positivamente.
Cami - È il duecentesimo sereniano che inventa gli arciossi...
Ghiglioni (Marco, sospira per la soddisfazione di aver superato con successo la prova cui era stato sottoposto a sua insaputa).
Betta - E' un ragazzo sufficientemente generoso, - anche se tende a mascherare i propri sentimenti dietro un velo d'ironia; e farebbe battute di spirito a un funerale. Ma queste sono, almeno così
Ci hanno insegnato a scuola, caratteristiche di alcuni sereniani. Pare che usino nascondersi dietro un'apparenza antipatica: per apprezzarli, bisogna saper guardare sotto le apparenze.
Betta - Tuttavia, non so decidermi. Avrà capito veramente l'importanza di questo viaggio? Forse, se l'avesse fatto fra un paio d'anni...
Ghiglioni « Ma sentitelo, - borbottò Marco fra sé. Tante arie perché l'hanno fatto capo di un "Governo-Che-Non-c'è" ! ... » )
Kelin - Sicché, se ho ben capito,  tu proponi di tenerlo qui per un paio di anni. Anni nostri o anni terrestri?
Ghiglioni Marco balzò in piedi di scatto, come se l'avesse punto uno scorpione.
Ghiglioni - Amici cari non sarete voi soli a decidere...Scappa

EXTRATERRESTRE frammento

Scena 6
Aeroporto spaziale con cavalli a dondolo

Tony altoparlante - Marco,  Marco Marco Il Sereniano Attenzione Attenzione 
Azione di Ghiglioni
Altoparlante - Marco, Marco Marco Il Sereniano è desiderato all’hangar n. 45

Buio  Stefano/Marco - cosa ha detto mi auguro di non aver sbagliato a capire  qui sono all’hangar  45 ma non c’è nessuno
Mi nasconderò qui in ogni caso qualcosa accadrà ....
Inciampando nel suo cavallo a dondolo-  luce sul cavallo ...possibile  ma questo è il mio cavallo a dondolo...

Luci accese tutti entrano in scena -  musica vivace


Betta - Come vedi la decisione ti è state favorevole...
Sarai casa prima di giorno, nessuno si accorgerà di nulla...
Buon viaggio...
Stefano - Bacia e abbraccia tutti stringe le mani
Betta – Sei contento? Ti è piaciuta la nostra piccola sorpresa... La musica era di tuo gusto?
Betta alle altre – come vedete la prova è perfettamente riuscita
Dylan - E chi può dirlo? -
Sara P - Piange, guardate. Lui non sa perché piange, e crede che sia per la gioía di tornare a casa. Ma non è per questo: piange perché in questo momento, mentre ci lascia, ha scoperto che ci vuol bene e che ci ammira. Ha scoperto di aver imparato tante cose e che gli ci vorrà molto tempo per farne l'inventario. Abbiamo un amico di piú nello spazio. Non vi pare che valesse la pena di fare quello che abbiamo fatto? La decisione di lasciarlo partire è la piú giusta e la piú utile.
Stefano avvicinandosi ad un alberello - Posso portarlo con me? Mi piacerebbe piantarlo sul balcone di casa mia, a Sacconago. O forse sarà meglio che lo pianti in piazza davanti alla scuola ada negri ; e quando sarà cresciuto, gli taglierò i rami e li ripianterò in tante altre piazze. Popolerò la terra di alberi di Natale...
Dylan - Bisogna vedere, se le nostre piante attecchiscono, laggiú.
Saliou - Sono commosso. Scopro forse per la prima volta che un sereniano può amare la sua vecchia Serena proprio come io amo il mio pianeta.
Stefano - La Terra cambierà nome, Si chiamerà il «Pianeta degli alberi di Natale», vedrete.

canto - SE LA GENTE USASSE IL CUORE cl 2^

Conclusione
I sogni - sosteneva Gianni Rodari - possono diventare realtà, l'importante è credere nella capacità e nella volontà dell'uomo di progettare il futuro, di immaginare un mondo migliore.
Sarà un compito difficile trasformare la Terra nel pianeta degli alberi di Natale, per renderla degna degli amici che aspettano lassú, fra le più lontane costellazioni. Difficile, ma non impossibile se lavoreremo per la pace e per la solidarietà nel rispetto di tutti.

canto - NON VALE